Con il termine di pancreatite acuta si vuole indicare una infiammazione, detta anche flogosi, rapida sia nella sua manifestazione che, generalmente, nella sua guarigione.
Clinicamente, la pancreatite acuta, a seconda del danno tissutale che ha provocato, viene classificata in due distinte modalità, totalmente differenti in termini di prognosi:
Una possibilità da non escludere è il danno multi-organo, che viene generato dall’attivazione degli enzimi pancreatici, con possibile sviluppo della Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica. La remissione di tale malattia è molto più lenta rispetto alla forma edematosa, e gli esiti sono ben visibili, con la formazione iniziale del tessuto di granulazione, e successivamente di cavità pseudocistiche, che potrebbero compromettere in maniera più o meno grave la funzionalità del pancreas
I sintomi della pancreatite non sono molto spesso costanti, ma ci sono dei segnali che si possono manifestare con estrema violenza.
Uno dei principali sintomi è il dolore, che generalmente si manifesta nel soggetto affetto da tale patologia con grande intensità, che raggiunge i livelli maggiori con pochissimo tempo, mantenendosi a tali livelli anche per oltre le 48 ore.
Questo è caratterizzato principalmente dalla tipica disposizione a barra, ovvero che parte dalle sede epigastrica o periombelicale, fino a raggiungere gli ipocondri.
Una volta che il dolore ha colpito anche il dorso e si è irradiato verso i fianchi, si parla di dolore a cintura, anche se nelle forme più gravi di pancreatite acuta, il dolore si manifesta indifferentemente su tutto l’addome. Il paziente colpito da tale dolore, può assumere una posizione fisica antalgica, ovvero con il tronco flesso in avanti e le ginocchia rialzate. Sebbene, nel corso della crisi – specie quelle con forme emorragiche, la sintomatologia algica può essere talmente preponderante da parlare di dramma del pancreas.
Quando si manifesta l’addome disteso, questo è molto difficile da trattare, perché ipoperistaltico e dolorosissimo alla palpazione. Possono comparire macchie cianotiche ed anche ecchimosi cutanee periombelicale, oltre a confusione mentale, delirio ed irrequietezza. In caso di presenza di ittero o subittero, possono indicare la presenza di una genesi biliare, oppure una compressione coledocica da parte della testa dell’organo. In seguito all’infezione dei focali necrotici, si può manifestare febbre incostante, mentre la tachicardia è costante e dovuta ad ipovolema.
È possibile inoltre la manifestazione di tachipnea, oppure vomito o versamento pleurico e dispnea, specialmente nelle prime fasi. Si tratta inoltre di sintomi secondari al dolore, all’acidosi ed all’iperpiressia ed in alcuni casi è possibile il manifestarsi di insufficienza respiratoria.
Oltre alla prima anamnesi medica, sono da prendere in considerazione ulteriori esami clinici di approfondimento, per valutare le condizioni dell’organo ed eventuali cure farmacologiche alla quale il paziente dovrà sottoporsi. Gli esami di laboratorio e quelli strumentali sono:
I primi esami che tendenzialmente vengono effettuati sono la radiografia completa dell’addome e del torace ed anche degli organi digestivi. Purtroppo, però, risultano essere di debole utilità per stabilire una corretta diagnosi, ma possono identificare l’ansa sentinella e l’ileo adinamico. L’ecografia è un esame strumentale dalla buona sensibilità diagnostica, mentre la TAC, rappresenta l’esame Standard per stabilire la diagnosi, e viene effettuata quando l’esame ecografico non si è mostrato dirimente, oppure prima di effettuare un agoaspirato al paziente, in caso di sospette raccolte infette, o per realizzare una diagnosi differenziale.
Attraverso la risonanza magnetica invece, si ha il vantaggio di mostrare al meglio l’aspetto intero dell’organo, ma con una minore risoluzione delle spazio intorno ad esso. Con la colangio-RM è possibile visionare in maniera corretta eventuali ostruzioni dell’albero della bile.