Prima di cominciare ad approfondire l’argomento, ci teniamo a farvi sapere che esistono due modalità per parlare dei transiti planetari, uno riguarda l’astronomia e l’altro si riferisce all’astrologia. Sia ben chiaro che si tratta di due definizioni molto diverse tra di loro. L’astrologia, infatti, non si poggia su alcun fondamento scientifico e si basa su credenze popolari antiche che prevedono l’influenza dei corpi celesti sulle nostre vite e sugli eventi a noi circostanti. In questo articolo noi vogliamo parlarvi dei transiti astronomici i quali sono, invece, studiati e conosciuti approfonditamente.
I transiti planetari non sono altro che il passaggio di un corpo celeste attraverso uno più grande, di solito parliamo di una stella o di un pianeta, che copre una piccola porzione dello stesso. I più conosciuti e studiati sono quelli di Mercurio e Venere che periodicamente transitano davanti al Sole. Anche una Luna può transitare davanti al suo pianeta e così per tutti i satelliti naturali.
Questi movimenti possono aiutarci nello scoprire corpi celesti a noi ancora sconosciuti. Per esempio, la scoperta recente del pianeta extrasolare HD 209458b è stata possibile grazie allo studio del transito delle loro stelle.
Mercurio e Venere: spieghiamo il transito verso il Sole
I transiti planetari di Mercurio e Venere avvengono quando i pianeti si trovano tra il Sole e la Terra. Poiché le orbite di questi due pianeti sono eclittiche e inclinate, passano sopra o sotto il Sole. L’orbita di ogni pianeta interseca il piano dell’eclittica in due punti denominati “nodi”: se la congiunzione inferiore si verifica nel momento in cui il pianeta è vicino a un nodo, si può verificare un transito del Sole.
Per quanto riguarda Mercurio, in media transita 13 volte ogni 100 anni. L’ultimo si è verificato il 9 maggio 2016, mentre le prossime previsioni parlano dell’11 novembre 2019 e del 13 novembre 2032. Siate, però, consapevoli che non è possibile vedere tale condizione a occhio nudo, ma è necessario munirsi di un telescopio.
I transiti planetari di Venere si verificano nei suoi nodi a giugno e a dicembre. In generale, seguono un criterio di ricorrenza di 8-121 e 8-105 anni, prima di ricominciare il ciclo. Sono, infatti, molto più lenti di quelli di Mercurio. Basti pensare che dopo l’ultimo transito avvenuto il 5 giugno 2012, il prossimo si verificherà l’11 dicembre 2117. In questo caso, a differenza di Mercurio, il transito di Venere può essere visto attraverso uno speciale filtro scuro, come quelli che si utilizzano per osservare un eclissi.
Quello che non sapete è che i transiti planetari non vengono studiati per curiosità e desiderio di conoscenza. O almeno, non soltanto per questo. I motivi sono molteplici, tutti molto importanti. Per esempio, nel 18° e nel 19° secolo, lo studio dei transiti di Venere ha permesso di sapere quanto dista quel pianeta dalla Terra. E questa distanza, a sua volta, ha consentito il calcolo della distanza tra la Terra e il Sole e, di conseguenza, di conoscere anche le distanze di tutti gli altri pianeti dalla Grande Stella.
Transiti planetari: studiarli con la fotometria
La fotometria è un metodo che rivela pianeti lontani. Lo fa osservando il passaggio di un pianeta orbitante tra una stella e la Terra, misurando l’oscuramento della porzione attraversata. Il passaggio di un pianeta tra una stella e la Terra è esattamente ciò di cui abbiamo parlato finora, ossia un “transito”. Se viene rivelato un oscuramento a intervalli regolari il quale dura per un periodo di tempo prefissato, è molto probabile che un pianeta stia completando il suo ciclo orbitale.
Infatti, l’oscuramento di una stella durante il transito planetario riflette direttamente il rapporto delle dimensioni tra la stella e il pianeta: un piccolo pianeta in transito davanti a una stella di grandi dimensioni creerà appena una lieve attenuazione, mentre un pianeta grande in transito davanti a una stella più piccola avrà un effetto più evidente.
La dimensione della stella ospite può essere conosciuta con notevole precisione dal suo spettro. La fotometria è ciò che fornisce agli astronomi una stima delle dimensioni del pianeta in orbita, ma non la sua massa. Questo rende la misurazione un ottimo complemento al metodo spettroscopico che fornisce, invece, una stima della massa di un pianeta, ma non la sua dimensione.
Utilizzando entrambe le metodologie e combinando la massa e la dimensione, gli scienziati possono calcolare la densità del pianeta che è un passo importante verso la conoscenza della sua composizione. Ecco perché i transiti planetari sono così importanti, perché ci permettono di comprendere a fondo l’Universo e, perché no, di immaginare altre Terre oltre la nostra.