La rachicentesi, per il tramite della raccolta di un campione del liquido cerebrospinale del paziente, si prefigge delle finalità di natura diagnostica allo scopo di sottoporre il campione prelevato per indagini di natura clinica.
La rachicentesi può porsi delle finalità di natura diagnostica così come terapeutica: vediamole entrambe.
Finalità di natura diagnostica
Accertare eventuali infezioni di tipo cerebrale (per esempio una meningite), o anche eventuali malattie demielinizzanti (come la sclerosi multipla), oppure ancora delle neoplasie, o l’epilessia.
Finalità di natura terapeutica
Somministrazione di medicinali (ad esempio dei chemioterapici o per l’anestesia spinale) e ridurre la pressione intracranica
Controindicazioni
La rachicentesi NON dev’essere effettuata se ci si trova in presenza di: ipertensione con bradicardia, deformità vertebrali, diatesi emorragica, ipertensione intracranica IDIOPATICA, ernia cerebrale e sepsi.
Prima della rachicentesi
Prima di effettuare la rachicentesi, l’equipe che andrà ad eseguirla dovrà procedere con la preparazione di tutta la strumentazione che occorrerà per eseguirla: gli aghi da intramuscolo per l’anestesia locale, l’anestetico locale, tutto il materiale sterile (telini, guanti e garze), le siringhe da cinque o dieci millilitri e, soprattutto, l’ago per la puntura lombare. Sempre prima di effettuare l’intervento il medico dovrà indagare sulla storia clinica del soggetto (vale a dire l’anamnesi), ed avrà valutato le analisi del sangue che certamente avrà fatto effettuare al paziente prima di sottoporlo alla rachicentesi. Non sempre ma neanche raramente, il medico potrà aver prescritto al paziente una TAC per esser sicuro che non vi siano anomalie cerebrali o gonfiori. Il paziente, dal canto suo, dovrà comunicare al medico una eventuale terapia anticoagulante in atto (aspirina, clopidogrel, warfarin, ecc.) o eventuali allergie agli anestetici locali.
Prima dell’intervento il paziente firmerà un modulo sul quale sono riportati i rischi dell’intervento, le sue finalità e modalità, a titolo di conferma d’esser stato informato e per prestare il consenso all’esecuzione di una rachicentesi.
Eseguire una rachicentesi
Vediamo in dettaglio: la rachicentesi si potrà effettuare in decubito laterale (il paziente si raccoglie in posizione fetale, raccogliendo gambe e braccia) o da seduti, flettendo in avanti la schiena e poggiano i gomiti su di un cuscino. Si raccomanda al paziente di non effettuare movimenti durante la rachicentesi per evitare la rischiosissima rottura dell’ago. Il medico altresì assumerà una posizione sicura e comoda per evitare movimenti anomali durante l’intervento. Dopo aver fatto assumere la posizione al paziente può iniziare l’intervento vero e proprio, secondo gli step seguenti:
- Preparare il campo sterile (disinfettare la cute con sostanze disinfettanti a base di iodio);
- Eseguire una anestesia locale (lidocaina all’1%) con un ago sottilissimo e poi attendere qualche minuto che essa abbia fatto effetto;
- Introdurre l’ago per la puntura lombare negli spazi intravertebrali L3/L4 o L4/L5, fino al raggiungimento dello spazio subaracnoideo (avvisare il paziente che potrebbe avvertire del formicolio per evitare movimenti bruschi da spavento);
- Eventualmente misurare la pressione endocranica per il tramite di un manometro di Claude;
- Raccogliere un campione di liquido cerebrospinale: NON aspirare il liquido, ma lasciare che esso si raccolga in gocce che escono dall’ago. In caso contrario la pressione negativa dello spazio subaracnoideo potrebbe provocare mal di testa e nausea. Raccogliere 3 dosi (analisi biochimica, analisi microbiologica e ricerca di cellule);
- Rimuovere l’ago per la rachicentesi;
- Leggera pressione con una garza sterile sul punto di inserzione dell’ago;
- Pulizia dell’area con tamponi di soluzione fisiologica disinfezione con sostanze antisettiche, indispensabili per la rimozione di residui di sangue e per prevenire eventuali contaminazioni;
- Applicare un cerotto dove è stato inserto l’ago.
Dopo la rachicentesi
Accade piuttosto spesso che, terminata la rachicentesi, il paziente possa lamentare una cefalea: per risolvere questa eventuale situazione dolorosa è sempre possibile, in ogni caso, ricorrere alla somministrazione di un analgesico che non interferirà, se non positivamente, con il recupero del paziente dai postumi dell’intervento di puntura lombare. Si ricordi bene che dopo l’effettuazione di una rachicentesi il paziente deve necessariamente restare per lacune ore in posizione supina (generalmente si possono attendere tra le due e le tre ore circa) ed egli deve restare sotto il controllo del medico che dovrà monitorarne, durante questo periodo “di recupero”, le condizioni cliniche. A rachicentesi terminata il paziente verrà reidratato con l’assunzione di elevate quantità d’acqua: questo assumere liquidi in grande quantità dopo l’esecuzione della rachicentesi assicura un pronto recupero a livelli fisiologici della quantità di liquido cerebrospinale, che in parte era stato sottratto all’organismo mediante il prelievo.
Resta da sottolineare, però, che né questa condizione di super idratazione né il restare anche per qualche ora nella stessa posizione supina adottata per l’intervento (o scelta per il periodo di recupero se l’intervento è stato effettuato in posizione seduta) si sono rivelate metodiche atte ad evitare gli effetti indesiderati collaterali che tipicamente si presentano al paziente alla fine dell’intervento di rachicentesi, e, primo fra tutti, il mal di testa.
Eventuali complicazioni della rachicentesi
Complicazioni lievi: cefalee (+ nausee, vomito e vertigini), dolori lombari, temporanee parestesie
Gravi: anestetico tossico, trombocitopenia grave, discesa delle tonsille cerebellari, ascesso epidurale, sanguinamento nello spazio epidurale, sanguinamento.
Fonti e bibliografie
- Cerebrospinal fluid and lumbar puncture: a practical review. Ben L. C. WrighJames T. F. LaiAlexandra J. Sinclair
- Diagnostic Lumbar Puncture. Carolynne M Doherty, Raeburn B Forbes; 2014
- Difficult Lumbar Puncture: Pitfalls and Tips from the Trenches. P.A. Hudgins, A.J. Fountain, P.R. Chapman and L.M. Shah; American Journal of Neuroradiology; 2017