Coloro che soffrono di narcolessia cade nel sonno ripetutamente nell’arco di una giornata, anche quando sia impegnato in attività che coinvolgono la sua attenzione e la sua concentrazione.
La diagnosi della narcolessia si fonda, principalmente sull’analisi dello svolgimento del sonno notturno della persona affetta, e a tale scopo sono necessarie determinate attrezzature e dei test appositamente studiati.
La narcolessia, purtroppo, è una patologia incurabile ed anche cronica. Ciò nonostante si possono adottare delle contromisure e delle terapie farmacologiche che, almeno, possono alleviare la sintomatologia più severa di questa malattia.
Innanzitutto occorre fare un excursus circa la caratteristiche più importanti del sonno, prima di parlare della narcolessia che, altrimenti, resterebbe un concetto privo di significato.
Quando si prende sonno ci si addentra in una perdita di coscienza a carattere transitorio, alcune funzioni biologiche vengono ridotte, mentre altre vengono potenziate. Ad esempio viene ridotta la sintesi degli ormoni corticoidi e viene aumentata quella relativa ai fattori di crescita.
Il nostro sonno si caratterizza per la divisione in due fasi le quali ciclicamente (4 o 5 volte) si alternano, e precisamente:
Soltanto se queste due fasi si susseguono alternativamente in modo corretto il sonno avrà i suoi effetti ristoratoti benefici.
Questa fase si contraddistingue per la suddivisione, a sua volta in quattro stadi, passando attraverso i quali il sonno diventa sempre più profondo. Le prime due fasi rappresentano l’addormentamento ed il sonno leggero. Poi, quando si giunge al terzo stadio, il sonno diventa profondo, per raggiungere l’acme all’ultimo stadio, il quarto. Arrivati a questa fase l’organismo beneficia di una vera e propria rigenerazione.
Ogni qualvolta prende il via un ciclo nuovo, questa fase è sempre più breve, destinando un tempo sempre più lungo alla fase rem.
Quando ci si trovi in questa fase del sonno, al dormiente gli si muovono gli occhi in modo brusco. Ed infatti la seconda parte di questo nome, e cioè REM, sta proprio a significare (acronimo) “rapido movimento oculare”, dall’inglese Rapid Eye Movement.
La fase del sonno REM è piuttosto agitata, nel senso che aumenta il battito cardiaco, aumenta la frequenza respiratoria ed è il momento in cui si fanno i sogni.
Ecco, dati questi pochi cenni sul sonno, passiamo a vedere…
La narcolessia è una malattia a carattere cronico che fa cadere il paziente improvvisamente e ripetutamente nel sonno durante la giornata. Questi attacchi avvengono anche quando il paziente è impegnato in attività che stanno richiedendo tutta la sua concentrazione: capita, e non di rado, che il paziente narcolettico si addormenti anche mentre parla, lavora o mangia.
Oltretutto il paziente avverte sempre questo senso di stanchezza, oltre che di sonnolenza ed è affetto anche da disturbi del sonno, di notte, in quanto si registrano errate alternanze tra le due fasi, quella NON REM e quella REM. Può capitare che perda il proprio controllo muscolare (paralisi e cataplessia) e soffra di allucinazioni.
La narcolessia viene annoverata tra le patologie neurologiche perché, come vedremo dopo, pare che una proteina cerebrale ne sia implicata. Questa proteina si chiama ipocretina (o anche orexina).
La narcolessia non è una patologia molto diffusa, più o meno l’incidenza è di un 3/5 narcolettici ogni diecimila persone, uomini e donne in egual misura.
Pur iniziando a produrre sintomi intorno al quindicesimo anno d’età, la narcolessia è difficile che venga diagnosticata prima che il paziente diventi adulto, infatti per i primi anni la malattia viene spesso confusa per stile di vita cattivo o, almeno, svogliatezza.
Non si conoscono le cause specifiche della narcolessia. Purtuttavia molti pazienti affetti da questa malattia hanno una caratteristica che è comune a tutti loro: il livello della ipocretina (un peptide, una proteina piccola cerebrale), è minore della norma. Questo fattore ha destato curiosità nei ricercatori, e quindi la ricerca sulla narcolessia è continuata seguendo questa indicazione.
L’ipocretina è un peptide con funzioni neurotrasmettitrici, e sembra sia implicato nella regolazioni delle fasi del sonno. Se ne riduce la quantità il paziente arriva alla fase REM ma prima che sia stata completata la fase NON REM. Ma perché può accadere di sintetizzare meno ipocretina? A questo riguardo sono stati svolti molti studi. Pare che l’origine della riduzione di questo neurotrasmettitore e della narcolessia sia un fenomeno autoimmune, forse causato da un batterio o da un virus. In queste situazioni accade che il nostro sistema immunitario che solitamente ci protegge da agenti patogeni esterni non funzioni correttamente. Cioè qualche nostro anticorpo invece di aggredire un agente esterno aggredisce le nostre normali cellule, e, in questo caso specifico, quelle del cervello che sintetizzano l’ipoceretina, distruggendole.
Secondo altri studi la narcolessia sarebbe in qualche modo legata anche ad un fattore ereditario, si sa che due malati su cento hanno un altro familiare che ne è affetto. Quindi potrebbero essere implicati alcuni geni. Oltretutto nel 2009 si osservò un repentino aumento dell’incidenza della patologia nella popolazione adolescenziale finlandese. Questi adolescenti avevano un fattore in comune: una nuova vaccinazione contro una influenza suina, chiamata Pandemrix. Gli studi sono ancora in corso.
Ecco, in questo elenco, gli elementi principali della sintomatologia della narcolessia:
Gli ultimi quattro sono i più caratteristici e, infatti, costituiscono, quella che viene chiamata “la tetrade della narcolessia”.
Ma nonostante ciò solamente la sonnolenza diurna eccessiva, con, ovviamente, gli attacchi di sonno diurni, è il sintomo onnipresente nei pazienti narcolettici.
Il resto dei sintomi varia sia per modalità di comparsa che per severità da paziente a paziente e soltanto il venti percento della popolazione narcolettica è gravato dalla sintomatologia intera.
Il sonno notturno disturbato è un sintomo molto frequente e la sua manifestazione è l’insonnia. Sembra che anche in questo caso la mancanza di ipocretina ne sia la causa, dati gli effetti sull’errata combinazione delle due fasi del sonno.
Questo termine indica una circostanza nella quale il paziente persiste in modo inesorabile in una determinata attività nonostante senta in quel momento una grave sonnolenza, la quale lo induce ad agire senza riflettere: ad esempio guidare verso una destinazione che non era quella prefissata, oppure parlare a vanvera (argomenti fuori tema). Questo sintomo è da tenere sotto controllo: il malato di narcolessia che si mette alla guida compie un gesto pericolosissimo per la propria ma anche per l’altrui incolumità, potendo commettere azioni stravaganti alla guida ed anche addormentarsi durante la guida.
Il paziente narcolettico, dunque, dorme la stessa quantità di tempo di un individuo non affetto da narcolessia, pur addormentandosi durante la giornata.
Questa situazione avviene, in genere, al risveglio, o un po’ prima dell’addormentamento. Il paziente, pur restando cosciente, sente di non poter effettuare alcun movimento. Non riesce, in parole povere, ad aprire gli occhi, a parlare o a muovere qualsiasi muscolo. La durata è di pochi minuti e l’evento non costituisce un pericolo. E’ un momento, invece, che è molto utile quando si effettui la diagnosi.
Le allucinazioni altro non sono che percezioni e visioni di suoni e cose irreali. Si tratta di sogni dalla grande intensità. Quando accade al paziente narcolettico, in genere accade nel momento in cui ci si addormenta (il periodo anche chiamato ipnagogico). Talvolta si verificano anche un po’ prima di risvegliarsi (il periodo che viene chiamato ipnopompico).
La cataplessia è quella patologia che ci fa perdere all’improvviso il controllo muscolare del nostro corpo. Chi ne sia afflitto (sette pazienti narcolettici su dieci) ravvisa una repentina perdita di tutte le forze, ma rimame cosciente. La cataplessia può manifestarsi in molti modi
È la parte della sintomatologia che affligge per la vita intera il paziente di narcolessia. Provoca ripetutamente sonni diurni, che durano da qualche minuto a poche ore. L’attacco di sonno classico, se in risposta a situazioni noiose o ad un fisico stressato, non bisogna confonderlo con la malattia. Il sospetto che ci si trovi di fronte a narcolessia deve insorgere, invece, quando questi sintomi prendono il sopravvento anche durante attività che hanno ottenuto la concentrazione dell’individuo o in momenti insoliti (mentre si mangia o si parla) e se si ripetono per oltre tre mesi.
Nel paziente narcolettico la sonnolenza sopraggiunge inaspettatamente e dopo aver schiacciato il pisolino il narcolettico prova una sensazione piacevole di riposo. Ma questa sensazione è temporanea ed il paziente può riaddormentarsi anche dopo pochissimo.
La diagnosi di narcolessia si fonda inizialmente sulla anamnesi. Se dopo questa si concretizza un sospetto di narcolessia il paziente dovrà rivolgersi ad uno specialista il quale, sicuramente, farà sì che il paziente si sottponga a tre esami utili per la diagnosi dei disturbi del sonno:
Anamnesi | |
Potrebbe essere narcolessia, se la sonnolenza diurna si associa a: | Si può escludere la narcolessia, se la sonnolenza diurna si associa a: |
Comportamento automatico | Depressione |
Episodi di cataplessia | Specifici farmaci |
Paralisi del sonno | Apnea notturna ostruttiva |
Insonnia |
Sono 2:
Si registrano le attività del cervello, dei muscoli e degli occhi mentre il paziente dorme in stanze apposite dotate di tutte le strumentazioni necessarie. Grazie a questi esami (elettrooculogramma, elettromiogramma ed elettroencefalogramma) si riesce a fare una valutazione sull’alternarsi delle due fasi del sonno e quindi su una eventuale narcolessia.