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Linfoadenopatia patologica e benigna: cause e diagnosi

Pubblicato da
Lorenzo

Una linfoadenopatia, in ogni caso, non necessariamente deve essere intesa come uno di quei campanelli di allarme che preludono a patologie gravi o addirittura dalle possibili conclusioni nefaste, infatti, sovente, nei bambini molto piccoli si rileva un ingrossamento a carico dei linfonodi anche abbastanza accentuato ma del tutto fisiologico; allo stesso modo negli adulti una linfoadenopatia a livello dell’inguine, purché non eccessiva, con un ingrossamento dei linfonodi non troppo accentuato, non deve in alcun modo mettere in eccessivo allarme.

Inoltre il processo che porta alla linfoadenopatia deve essere considerato fisiologico per tutti quegli individui che svolgano attività di tipo manuale: trattando di questi casi, nella maggior parte dei casi gli ingrossamenti e gli aumenti di volume a carico dei linfonodi si registrano più spesso, tanto a livello delle ascelle che a livello dell’inguine.

Questo aumentare fisiologicamente del volume linfonodale, generalmente si nota nella popolazione infantile, per poi regredire, lentamente ed autonomamente, nell’individuo adulto.

Dov’è più facile che si manifesti la linfoadenopatia?

Più spesso che in altre parti del corpo la linfoadenopatia si manifesta a livello della zona clavicolare, nel torace, a livello dell’inguine, a livello della zona ascellare ed anche nel collo. Ove mai il processo tumefattivo prenda origine da infezioni a carico del canale linfatico, potremo adottare il termine di linfagite (anche detta linfagismo); mentre invece con la parola linfoadenomegalia stiamo ad indicare una situazione patologica per la quale i linfonodi possono superare anche un diametro della lunghezza di due centimetri. In questo ultimo caso l’evento, purtroppo, raramente può essere di natura benigna, più spesso, anzi molto più spesso nasconde una natura patologica, che può anche divenire grave. La linfoadenopatia può, una volta instauratasi, prendere due strade: potrebbe restare più o meno circoscritta ad una determinata zona del corpo umano, oppure estendersi in varie altre zone dello stesso corpo.

La linfoadenopatia: ma questa sarà benigna o patologica?

Nel momento in cui il medico dovesse ritenere la linfoadenopatia non più benigna, a carattere fisiologico, ma, al contrario, almeno potenzialmente patologica, sapremo che essa si sarà potuta manifestare associata a una patologia a carico di tessuti connettivi, oppure una neoplasia AIDS (carcinoma, tumore di natura maligna), una anomalia dei processi relativi alle produzioni endocrine, delle infezioni tanto di natura batterica che di natura virale, ad un linfoma o a qualsiasi altro processo di natura infiammatoria.

Per essere quanto più possibile chiari e precisi: c’è un limite tra le manifestazioni linfoadenopatiche di natura benigna e le loro manifestazioni patologiche, che possono essere pericolose. Tale limite consiste tutto nell’insieme di sintomi che il paziente affetto da linfoadenopatia presenta. Chiariamo che la linfoadenopatia no provoca danni se la sua manifestazione non invade le parti grasse o le capsule, se l’azione di carattere miotico resta localizzata a livello dei centri germinativi ed anche se la patologia si localizza nell’area corticale con una suddivisione follicolare disorganizzata. Nella più gran parte dei casi le forme benigne si localizzano nei pressi dell’area mediastinica. Invece, in caso contrario, questa patologia assume i contorni della forma maligna, e può rappresentare un grosso pericolo, ed anche abbastanza frequente, soprattutto nei malati di AIDS o di qualsiasi altra malattia immunosoppressiva, di patologie di tipo autoimmune (sarcoidosi) di leucemia e di tubercolosi. Sovente si associano a situazioni di tipo adenolinfopatico i linfomi NON di tipo Hodgkin (come, ricordiamo ad esempio, una micosi fungoide e la sindrome di Sèzary) ed anche i linfomi di tipo Hodgkin.

Il vero problema nel diagnosticare la linfoadenopatia consiste proprio nel distinguere la forma benigna da quella patologica, infatti anche le diagnosi operate con sistemi informatizzati dei linfomi, nella più gran parte dei casi possono restituire esiti caratterizzati dall’incertezza in quanto il quadro analitico che mette in evidenza la morfologia cellulare e la densità di interesse linfatico è sempre molto simile sia nella forma benigna che nella forma a carattere patologico.

La classificazione della linfoadenopatia

La linfoadenopatia può, oltretutto, rendersi manifesta quale uno dei sintomi primario di una qualche malattia oppure potrebbe anche essere la conseguenza di un’altra patologia, ed è proprio questo il motivo per cui le linfoadenopatie a carattere neoplastico si suddividono nelle seguenti classificazioni:

  1. Linfoadenopatia neoplastica maligna primitiva: classica manifestazione dei linfomi tanto non di tipo Hodgkin che di tipo Hodgkin;
  2. Linfoadenopatia neoplastica secondaria: è in genere una conseguenza di alcune formazioni a carattere neoplastico del corpo umano, vale a dire tumori del pancreas, dell’apparato urinario, dei reni, e del colon.

La cause di linfoadenopatia

Molti fattori possono concorrere alla formazione di un quadro eziopatologico che porti ad una linfoadenopatia: se le condizioni si presentano circoscritte, nel senso di localizzate in una determinata area, generalmente la causa è riconducibile ad un processo di natura infiammatoria, oppure ad un processo infettivo, oppure, ancora, ad un trauma. Se, al contrario, la condizione è di carattere generale, nel senso che i linfonodi che si ingrossano sono più di uno, in qualche caso molti ed in varie zone del corpo, la linfoadenopatia potrebbe rappresentare un campanello di allarme per una infezione da HIV, un AIDS conclamato, oppure delle metastasi generate da carcinomi o linfomi che si sono evoluti, per dei processi infettivi che possano condurre, per esempio ad una tubercolosi in atto, oppure ancora da una brucellosi, ed anche toxoplasmosi e mononucleosi.

Diagnosticare una linfoadenopatia

Le tecniche diagnostiche con le quali può essere possibile accertare o meno la presenza di una linfoadenopatia sono le seguenti:

  1. Una linfografia: una metodica caratterizzata da elevate sensibilità e specificità, che mette in rilievo, in vivo, qualche eventuale alterazione dimensionale e/o strutturale a carico dei linfociti. Non può, però, essere estremamente precisa perché molteplici sono le difficoltà a carico di questo tipo di indagine (ad esempio si sono dovuti registrare molti casi di falsi positivi) e l’esito potrebbe anche non essere quello corretto e presentar5e errori: a tal riguardo, questo esame lo si utilizza esclusivamente in qualità di esame diagnostico complementare, e quini non preferenziale.
  2. TAC: Tomografia Assiale Computerizzata, e cioè un esame diagnostico per immagini che utilizza i raggi X ma fornendo delle immagini in 3 D delle zone sottoposte all’indagine;
  3. La risonanza magnetica: non è estremamente specifica.

Resta, dunque, assolutamente di fondamentale importanza, assolutamente necessario che il paziente che presenti con evidenti ingrossamenti a livello linfonodale si rechi da un medico per poter escludere che si tratti di malattie gravi: pur essendo la linfoadenopatia molto spesso il segno di situazioni non patologiche, occorre sottolineare che essa non deve mai venir sottovalutata.

Lorenzo