La frattura scomposta rileva anche un’angolazione fra gli assi delle due parti separate, questa “deformazione” può essere anche visibile ad una vista “esterna”.
Ovviamente ricorrere ad una radiografia della frattura scomposta si può risalire all’allineamento – disallineamento dei due frammenti dell’osso fratturato, potendo in questo modo effettuare una diagnosi precisa, indispensabile per le successive cure / terapie / interventi.
La frattura scomposta presenta, in genere, una sintomatologia abbastanza caratteristica, tra cui spicca, come è lecito attendersi, un forte dolore, un dolore lancinante ed acuto che si accompagna sempre da tumefazione dei tessuti sovrastanti la frattura scomposta e da gonfiore di tutta la zona. Ovviamente le cause per una frattura scomposta sono da ricercare essenzialmente in violenti traumi, però non solamente: anche talune patologie possono esserne la causa e, infatti, dovrebbero essere annoverate proprio tra i fattori di rischio di incorrere in una frattura scomposta. Il rimedio immediato è quello di procedere alla immobilizzazione della parte corporea interessata dalla frattura scomposta e intervenire riallineando e riunendo le parti dell’osso che si sono allontanate e/o disallineate. Non sempre, ma talvolta per ottenere la riunificazione ed il riallineamento può rendersi indispensabile un intervento chirurgico.
Come già sottolineato il sintomo di una frattura scomposta che in ordine temporale si avverte per primo è un forte ed acuto dolore, caratterizzato anche dalla immediatezza relativa al momento in cui l’osso si frattura. Qualsiasi operazione venga tentata con la parte del corpo interessata dalla frattura scomposta comporta un intensificarsi del dolore, tanto più il carico di un peso. Successivamente, a volte anche a qualche ora di distanza dal momento della frattura, inizia a comparire la tumefazione. Vi si aggiunge anche un gonfiore diffuso che, insieme alla tumefazione, interessa i tessuti molli che si trovano attorno all’osso che ha subito la frattura scomposta. In seguito non è infrequente la comparsa anche di ecchimosi, fenomeno provocato dalle perdite di sangue che interessano i tessuti vicini all’osso fratturato.
Nel caso che la frattura scomposta interessi un osso che si trova non particolarmente vicino al muscolo cardiaco, e tanto più se si trovi proprio lontano (es.: estremità degli arti, l’omero, il perone, la tibia, oppure qualche osso della mano come il metacarpo, uno degli ossicini delle dita della mano o anche il polso), si noterà dopo un po’ dalla comparsa dei sintomi precedenti anche delle ecchimosi ma dalle caratteristiche tonalità bluastre.
Prima abbiamo visto come le cause più frequentemente all’origine di una frattura scomposta siano per lo più da ricondurre a traumi, ad impatti violenti che possono derivare da incidenti automobilistici, motociclistici o comunque stradali, oppure a cadute, incidenti domestici, così come anche a contusioni o, più raramente, a movimenti bruschi esagerati. Però abbiamo anche parlato di alcune patologie che possono essere considerate cause e quindi anche fattori di rischio di una frattura scomposta. Vediamo insieme qualcuna: innanzitutto un tumore osseo, ma anche alcune infezioni alle ossa e anche, malattia del tessuto osseo forse tra le più conosciute, una osteoporosi fanno dello scheletro osseo una struttura più debole del normale e quindi lo predispongono ad una maggior facilità di rottura delle ossa che lo compongono. Parimenti alle fratture “normali”, uno scheletro che abbia patito o patisca una di queste malattie, è maggiormente predisposto anche alla frattura scomposta di qualche suo osso.
Le terapie per la frattura scomposta inizialmente comprendono l’utilizzo di farmaci ad azione antidolorifica per il necessario sollievo dal dolore per il paziente che, molto probabilmente, starà soffrendo le pene dell’inferno. Si badi bene: è necessario utilizzare in via precauzionale il paracetamolo perché i salicilati (l’aspirina, per intenderci) ed i FANS, a causa delle loro proprietà anticoagulanti (sono farmaci che spesso vengono somministrati a pazienti a rischio di trombosi) potrebbero peggiorare le condizioni di sanguinamento e di perdite ematiche dovute alla possibile rottura di vasi e capillari ad opera di uno o di tutti e due i “tronconi” di osso fratturato (la frattura scomposta, poiché è caratterizzata dall’allontanamento dei due tronconi d’osso che, spesso, presentano bordi taglienti, e spesso anche da un movimento angolare delle due parti che si allontanano, rischia di causare danni ai vasi sanguigni che irrorano i tessuti circostanti l’osso fratturato, con conseguenti perdite ematiche).
Calmato il dolore si rende necessario provvedere al ricongiungimento delle due parti dell’osso fratturato e, se disallineate, anche al loro riallineamento. Non di rado questa operazione di ricongiungimento / riallineamento va realizzata con un intervento chirurgico e questa eventualità è più probabile se l’osso ad essere interessato dalla frattura scomposta è il femore o anche se ne sia interessata una articolazione.
Ricongiunte e riallineate le parti dell’osso fratturato, solo allora si può provvedere all’immobilizzazione della intera parte interessata (ed anche un bel po’ oltre) mediante l’ingessatura, che consiste nel bendare la parte interessata dalla frattura scomposta ed anche una certa parte di zone circostanti con delle bende imbevute di una soluzione a base di gesso: una volta che la soluzione si solidifica costituisce un “blocco” che evita che le parti dell’osso fratturato, una volta ricongiunte e riallineate possano di nuovo allontanarsi o disallinearsi.
Dopo un periodo da trascorrere con l’ingessatura, la cui durata può dipendere dall’osso interessato e da altri fattori, si sarà formato il “callo osseo” che provvederà a rendere l’osso nuovamente un “blocco unico” e si potrà provvedere alla rimozione dell’ingessatura. A volte durante la guarigione può rendersi necessaria la “trazione”, un meccanismo che tiene le ossa ben allineate mentre l’osso provvede alla propria guarigione.