Lo scopo di questa tecnica sarebbe quello di gestire meglio questi eventi ma l’esperienza ci dice che i suoi reali effetti sono, alla fine, di segno esattamente contrario: la iperventilazione non fa altro che peggiorare tutta la sintomatologia degli attacchi di panico e della agorafobia.
Al fine di meglio comprendere i motivi fisiologici per i quali gli atti di iperventilazione aggravano la sintomatologia del panico e della agorafobia, è necessaria una premessa, breve, su come funziona per linee generali la respirazione. Nell’atto inspiratorio, l’introduzione nei polmoni dell’aria, entra, con l’aria, ovviamente l’ossigeno. Questo si lega all’emoglobina e, entrando in contatto con l’anidride carbonica poi se ne separa fino ad arrivare ad ogni singola cellula, la quale lo utilizzerà per la produzione di energia, ottenendone contemporaneamente di nuovo anidride carbonica. Alla fine di questo ciclo, l’anidride carbonica, veicolata dal sangue, viene eliminata con l’atto espiratorio.
Occorre che l’equilibrio tra anidride carbonica e ossigeno sia sempre quello corretto perché, se è vero come è ver che l’ossigeno è indispensabile perché le cellule producano energia, anche l’anidride carbonica lo è, consentendo la separazione dell’ossigeno dall’emoglobina per riuscire ad arrivare a tutte le cellule.
La iperventilazione è un meccanismo volontario, oppure involontario, oppure ancora semivolontario che porta ad uno scompenso tra ossigeno ed anidride carbonica (a favore dell’ossigeno) in quanto consiste in una respirazione con frequenza degli atti respiratori molto superiore ed anche con una profondità di ogni atto respiratorio di gran lunga superiore rispetto alle necessità fisiologiche.
Conseguentemente a questo rapido aumento dei livelli di ossigeno rispetto alla anidride carbonica si verifica una vasocostrizione di alcuni vasi, in particolar modo di alcuni di quelli che trasportano il sangue ad alcuni settori cerebrali. Sembra paradossale ma proprio con l’introito di una maggior quantità di ossigeno nel sangue, proprio al cervello ne giunge di meno. Ed infatti una sintomatologia molto comune relativa alla iperventilazione è proprio una sensazione di “leggerezza” della testa, quasi come uno stordimento, e poi di irrealtà e confusione.
Un ulteriore sintomo, forse il più comune sintomo da iperventilazione è anche il più paradossale, e cioè la sensazione che manchi l’aria. Proprio questa paradossale sensazione porta, inconsciamente, il soggetto a respirare ancora più velocemente e intensamente, con ulteriore aggravamento dei sintomi appena descritti.
Questo aumentare della frequenza degli atti respiratori con la iperventilazione provoca un’ulteriore sintomatologia, e, nel dettaglio, la sensazione di essere stanchi, di avere come un peso sul petto, di paralisi muscolare ed anche di vertigini e nausea.
E, come un cane che si morde la coda, il presentarsi di questa ulteriore sintomatologia, a causa della sensazione percepita di minaccia per la proprio incolumità, aggrava ulteriormente la sensazione di panico del soggetto. Si può avere la sensazione di essere in punto di morte.
Quindi, come spiegato più sopra, la reazione involontaria dell’organismo al panico, cioè la iperventilazione, peggiora la sintomatologia creando altra causa di panico.
La iperventilazione, se non troppo lunga e relativa solo al momento dell’evento che ha scatenato il panico, costituisce un modo fisiologico di reagire del nostro corpo. La sintomatologia non è certo piacevole ma è in ogni caso reversibile e non pericolosa. Appena termina l’iperventilazione cessano anche i sintomi, in breve. In ogni caso il circolo vizioso come sopra descritto ha dei limiti imposti da un meccanismo biologico innato che evita che lo scompenso tra ossigeno ed anidride carbonica a favore del primo superi un determinato limite.
La situazione più pericolosa si verifica in mancanza di una vera e propria escalation di meccanismi iperventilativi, perché in quel caso il soggetto riconoscerebbe lo stato anomalo e cercherebbe di controllarlo, ma, piuttosto, una iperventilazione non eccessiva ma prolungata che esporrebbe alla sintomatologia sopra descritta in modo meno sensibile e, pertanto, più subdolo. Non sarebbe, in definitiva, facile accorgersi che la sintomatologia ha una causa “interna” quanto da situazioni “esterne” che si inizierebbe, inutilmente, a “scansare”.
A soli scopi illustrativi descriviamo qui quattro modi di respirare in modo disfunzionale che potrebbero, se adottati a lungo, causare i disturbi qui descritti.
E’ di fondamentale importanza tenere sotto controllo il proprio modo di respirare, essere concentrati su di esso ed imparare le metodiche di un controllo migliore se dovessimo accorgere che stiamo iniziando a respirare in uno dei seguenti modi: