Si tratta di una patologia piuttosto diffusa a carico delle anche che causa la loro fuoriescono dalla naturale sede, cioè la testa del femore, determinando questo carattere di instabilità. Se l’instabilità nell’infante non è individuata subito e non è trattata prontamente, col tempo la testa del femore viene sottoposta a un’eccessiva azione dei muscoli e del peso corporeo, determinandone uno spostamento verso l’alto, che porta alla lussazione permanente dell’anca.
Pare che la displasia anca colpisca dei caratteri ben precisi del DNA, infatti si manifesta quasi esclusivamente nella razza bianca caucasica, mentre è assente nei nativi americani, nei lapponi e nelle persone nere. Esistono delle differenze tra uomini e donne riguardo all’incidenza della displasia anca; quest’ultime ne sono affette sei volte maggiormente.
In Italia in Emilia, Puglia e, in generale, in tutta la pianura padana si registrano più casi di questa deformità articolare, mentre è quasi mancante in Sicilia e Sardegna. Essendo questa un tipo di patologia che si sviluppa durante la gestazione, è stato difficile trovarne l’origine.
La displasia anca presenta manifestazioni differenti, in relazione della fase della vita, quindi l’azione da porre è diversa, come lo sono gli stadi e i sintomi. Nella primissima infanzia, il problema è riscontrabile solo in seguito a una visita ortopedica pediatrica specifica che ricerchi questo genere di instabilità dell’articolazione. Questo in genere è molto difficile perché in questa fase della vita, l’infante non avverte alcun segno o sintomo. Invece, sono più visibili i sintomi della displasia anca nel bambino dove si presenta una diminuzione del volume dell’arto interessato e il suo accorciamento. Come detto prima, non è possibile diagnosticare la patologia senza che sia eseguita la manovra di Ortolani: solo un ortopedico può individuare con questa particolare manovra il problema di displasia anca.
Il sintomo principale che potrebbe portare a pensare alla presenza di displasia anca va osservato mentre il bambino cammina. In presenza di un problema articolare del genere, si noterà l’effetto del peso corporeo che porta alla lussazione dell’articolazione, determinando un accorciamento dell’arto e quindi il bambino sembra zoppo. Invece, nel soggetto adulto sono riscontrabili due differenti condizioni in relazione alla displasia anca, in merito alla lussazione dell’anca o meno. Con lussazione, si hanno delle deformità nella colonna vertebrale che risulta con l’iperlordosi e nel ginocchio che diventa valgo. Questo accade in conseguenza perché la colonna e le ginocchia sono sotto sforzo e subiscono l’effetto del sovraccarico. Nel secondo caso, l’anca sublussata porta a uno stato anticipato di artrosi che ha come conseguenza l’accorciamento dell’arto interessato dalla patologia.
Purtroppo, bisogna dire che la moderna medicina ancora non è stata in grado di individuare la causa scatenante della displasia anca. La teoria più appoggiata è quella che imputa la displasia anca a fattori genetici, visto le forti differenze che si presentano all’interno della popolazione, viste sopra. I motivi di questa selezione restano ancora inspiegati, forse le moderne tecnologie di mappatura del genoma porteranno una risposta.
Alcuni esperti sostengono che la causa sia da ricercare in una predisposizione embrionale che porta allo sviluppo di questa patologia in seguito a fattori ambientali. Si è comunque visto che la displasia anca aumenta la sua gravità se queste condizioni si presentano durante la formazione dell’embrione.
Come molti caratteri genetici, anche questo della displasia anca può essere trasmesso nelle generazioni passivamente senza quindi che la patologia si presenti nei genitori. Tra la cause di displasia anca si è visto che è determinante una posizione sbagliata del feto all’interno dell’utero, portando a uno sviluppo anormale delle anche.
La terapia per curare la displasia anca prescrive di riportare in una corretta posizione le ossa dell’arto interessato. Il medico deve perciò riportare la testa del femore all’interno del bacino, più precisamente nel cosiddetto acetabolo. Per farlo si utilizzano dei divaricatori e, nel caso in cui in questo modo la deformità non si risolvesse, si passa alla chirurgia.
Quando il paziente è affetto da displasia anca ma il bacino è già correttamente centrato, l’ortopedico utilizza un divaricatore oppure una specie di tutore per rimettere in posizione l’anca. Va ricordato che non è per niente facile spostare le ossa e quindi questa procedura può fallire. In caso accadesse, il medico riduce manualmente la lussazione dopo un’anestesia e riposiziona il bacino con un gesso.
L’ultima spiaggia, è rappresentata da un intervento chirurgico durante il quale si apre l’articolazione dell’anca per liberare la testa del femore e pulirla dalle eventuali aderenze. Infine, l’ortopedico la riposiziona manualmente nella sua sede naturale.