Ne consegue un ingrandimento dei ventricoli e un aumento della pressione intracranica, che poi tende a stabilizzarsi con il passare del tempo. Si tratta di una patologia neurologica che colpisce soprattutto le persone che hanno oltre i 60 anni di età, con una lieve prevalenza tra gli uomini, rispetto alle donne, e che ha un’incidenza fino al 6% nella popolazione over 65.
Per il momento le cause dell’idrocefalo normoteso sono ancora sconosciute. Tuttavia, secondo alcuni spunti, l’idrocefalo normoteso sembrerebbe essere secondario a traumi, a interventi neurochirgici, a emorragia e a meningiti.
Sono principale tre i sintomi dell’idrocefalo normoteso: il disturbo nell’andatura, la demenza e l’incontinenza urinaria. In genere, il sintomo più precoce è il primo tra quelli sopra esposti, con la deambulazione che avverrà per piccoli passi e sarà contraddistinta da una perdita di equilibrio nei cambi di direzione. In aggiunta a questi disturbi dell’andatura le persone possono sperimentare dei deficit a livello cognitivo, che vanno dai disturbi dell’attenzione alla perdita di memoria a breve termine. Solamente per terzo e ultimo compare invece il sintomo dell’incontinenza urinaria. Si tenga tuttavia conto che questi sintomi compaiono generalmente in modo molto lento, e che spesso vengono sottovalutati, convivendoci per anni e anni.
Proprio per la progressività dei sintomi diventa fondamentale cercare di raggiungere una diagnosi quanto più tempestiva possibile, al fine di supportare le possibilità di recupero delle funzionalità che si stanno perdendo. Purtroppo, però, la diagnosi è a volte molto complessa poichè i sintomi non compaiono quasi mai tutti insieme, e molti di questi sono associabili ad altre patologie.
Il medico che ha il sospetto che il proprio paziente soffra di idrocefalo normoteso prescriverà di norma alcuni test diagnostici che puntano non solamente a confermare la patologia, quanto anche a verificare l’idoneità dei pazienti ad essere eventualmente sottoposti a intervento chirurgico mediante impianto di una valvola in grado di drenare il fluido cerebrale in eccesso. Gli esami sono di norma corrispondenti a una TAC o a una risonanza magnetica dell’encefalo, in ulteriore integrazione a un successivo test di sottrazione liquorale o a un test di infusione.
In particolare, ricordiamo che il test di sottrazione liquorale serve a valutare una eventuale risposta positiva al successivo impianto della valvola. La puntura lombare ha infatti l’obiettivo di “mirare” l’effetto della valvola impiantata: il paziente, dopo la sottrazione di liquor, si sente come si sentirebbe dopo l’impianto di una valvola, e il miglioramento temporaneo della sintomatologia, dopo la sottrazione del liquor, viene dunque interpretato come un importante parametro da tenere in considerazione quando si sta valutando l’eleggibilità del paziente all’intervento. Il test di infusione, infine, viene effettuato in anestesia locale mediante un ago lombare, registrando la pressione liquorale durante l’infusione di una soluzione fluida.
Ricordiamo altresì che prima dell’intervento il paziente verrà sottoposto a una serie di test neuropsicologici e psicometrici, i cui risultati serviranno da parametro per poter valutare il miglioramento della sintomatologia in seguito all’intervento.
Il trattamento per l’idrocefalo normoteso, per i pazienti che hanno mostrato una risposta positiva al già ricordato test di sottrazione di liquor, è relativo a un intervento chirurgico che punta a impiantare una valvola programmabile, collegata a due cateteri (ventricolare e peritoneale) con lo scopo di drenare il liquido in eccesso presente a livello cerebrale e trasportarlo nell’addome, dove può essere riassorbito. L’intervento ha una durata di circa un’ora e comporta alcuni rischi comunque oramai ben gestibili, come quello di emorragia cerebrale intraparenchimale e infezioni dei cateteri. Ricordiamo che entrambi gli eventi sono comunque molto rari, così come le complicazioni tardive post intervento, come l’ostruzione di un catetere o la disconnessione di uno dei due cateteri della valvola.
Successivamente all’intervento positivamente riuscito, il paziente è trattenuto in ospedale per circa 5 giorni, dove verrà sottoposto a degli esami di follow up per poter verificare la risoluzione dei sintomi e eventuali complicazioni precoci, come le già accennate emorragie o infezioni. Buone, grazie alle moderne tecniche di intervento, le percentuali di guarigione dall’idrocefalo normoteso, oramai superiori al 70%.