La tireoglobulina è una proteina che si trova nelle cellule della tiroide, una delle ghiandole più importanti del nostro organismo. L’esame degli anticorpi anti-tireoglobulina ha pertanto la finalità di poter valutare le condizioni della tiroide e, altresì, di valutare le patologie autoimmuni della tiroide, cioè quelle malattie in cui il sistema immunitario attacca per errore la propria tiroide (si pensi alla tiroidite di Hashimoto).
L’anti-tireoglobulina di norma non entra in circolo: ad ogni modo, in una percentuale variabile tra il 10 e il 20 per cento degli individui sani l’esame dà esito positivo. Sono invece considerati generalmente negativi i valori inferiori a 116 IU/ml.
Si tenga inoltre conto che la misurazione degli anticorpi anti-perossidasi ha generalmente una migliore sensibilità e una maggiore specificità rispetto all’analisi degli anticorpi anti-tireoglobulina, e che pertanto questo esame è generalmente richiesto solamente se il primo valore è negativo, ma il medico ritiene che vi siano ancora dei fondati sospetti di presenza di una malattia autoimmune.
Numerose possono essere le cause che determinano valori alti di anticorpi anti-tireoglobulina, comunque racchiudibili nel novero di malattie che attaccano la tiroide. Tra le tante, si ipotizzano i tumori differenziati della tiroide (come il carcinoma follicolare e il carcinoma papillare), la già ricordata e diffusa tiroidite di Hashimoto o l’orticaria cronica.
Sempre in proposito di valori scostati rispetto ai normali, è opportuno tenere in considerazione che degli individui con ipotiroidismo autoimmune, dal 30 per cento al 50 per cento manifesterà dei valori rilevabili di autoanticorpi anti-Tg, mentre tra il 50 per cento e il 90 per cento avrà concentrazioni rilevabili di anticorpi anti-perossidasi. L’analisi di entrambi gli anticorpi potrà pertanto dare delle informazioni di grande utilità: ad esempio, nel morbo di Graves, entrambi i tipi di autoanticorpi si osservano in circa la metà di questi pazienti, mentre nei tumori della tiroide, prevalentemente autoanticorpi anti-Tg vengono rilevati nel 10 per cento – 20 per cento dei casi. Ancora, un valore elevato e positivo nei pazienti che hanno livelli normali di TSH, può indurre a pensare alla possibilità di andare incontro a un futuro sviluppo di ipotiroidismo. Altresì, i pazienti che hanno tiroidite post-partum con continui ed elevati livelli di autoanticorpi tiroidei, hanno altresì una maggiore probabilità che l’ipotiroidismo diventi permanente.
Riassumendo, le cause di valori alti sono riassumibili in:
Esistono tuttavia altre determinanti sopra non riassunte. Per tale motivo è consigliabile parlarne con il proprio medico di riferimento e individuare insieme a lui i test opportuni per arrivare a una diagnosi puntuale.
Abbiamo già fatto cenno alla difficoltà frequente di poter arrivare a un risultato “certo” attraverso tale esame. In particolare, è possibile che una percentuale di pazienti sani possa risultare positiva a uno o più anticorpi tiroidei, con prevalenza nelle donne, e nelle donne in età più avanzata, che hanno sicuramente maggiori probabilità rispetto al normale di andare incontro a futuri problemi alla tiroide.
Ne consegue, da quanto sopra, che se il paziente non ha disfunzioni tiroidee ma risulta comunque positivo al test a un anticorpo tiroideo, il medico dovrà comunque tenere sotto controllo il suo stato di salute, poiché vi sono dei rischi maggiori dell’ordinario (lievi) che possa iniziare a soffrire di problemi alla tiroide. Il rischio è basso, ma è comunque opportuno procedere a un periodico monitoraggio. Si ricorda infine che gli anticorpi sierici anti-tireoglobulina sono rilevabili altresì in una percentuale variabile tra il 10 per cento e il 20 per cento delle persone sane, e che anche le gestanti e i famigliari dei pazienti con precedenti di tiroidite autoimmune possono essere positivi.
Data la complessità dell’argomento e la necessità di affrontarlo in probabile sinergia con altri esami, il nostro consiglio è naturalmente quello di ricorrere alla consulenza del vostro medico, con il quale condividere le migliori indicazioni diagnostiche e terapeutiche.