La sindrome di Kawasaki si caratterizza per una poliartrite che può essere più o meno grave, linfadenopatia cervicale, mucosite, congiuntivite, esantemi e febbre che può durare anche a lungo,
La sindrome di Kawasaki pare che colpisca nel nostro Paese circa quattordici bimbi su centomila, di lei si sa poco, neanche se è un disturbo da sempre esistito oppure la sua origine sia più recente.
La sintomatologia della sindrome di Kawasaki è aspecifica e tutti i sintomi sono comuni a molte altre malattie dell’infanzia, l’esito positivo di questa malattia dipende in gran parte da una precoce e corretta diagnosi e successivamente nella terapia più idonea. E? fondamentale, quindi, che il pediatra riesca ad effettuare una corretta diagnosi nei tempi più rapidi possibili, effettuare, poi, una comunicazione corretta con i genitori del piccolo paziente e poi orientare verso la terapia più idonea tenendo ben presenti sia i benefici che anche i rischi e, eventualmente, proporre, se del caso, anche l’intervento chirurgico.
Non se ne sa molto, ma, probabilmente, le cause della sindrome di Kawasaki potrebbero essere individuate in una infezione o, anche, ad una anomala risposta di carattere immunologico ad una infezione.
Come abbiamo già accennato, la sintomatologia è aspecifica in quanto tutti i componenti sintomatici sono comuni ad altre malattie di tipo pediatrico: una febbre anche molto alta che resiste tanto agli antipiretici che agli antibiotici, e può durare anche più di 5 giorni, una congiuntivite ad entrambi gli occhi (anche se senza la comparsa del pus), secchezza delle labbra, con arrossamenti e fessurazioni, stessi sintomi anche nella mucosa orale e lingua che assume il colore delle fragole, edemi a carico delle mani ma anche dei piedi con successive desquamazioni lamellari delle dita tanto dei piedi che delle mani, a partire dalle zone adiacenti le unghie, ingrossamenti a livello dei linfonodi che si trovano nel collo, che possono superare il centimetro e mezzo di diametro e possono apparire duri e dolenti, almeno un po’, alla palpazione, eruzioni cutanee di diversi tipi, ad esempio simili a quelle che si verificano in caso di orticaria o scarlattina, che si possono distribuire agli arti ed anche al tronco.
La sindrome di Kawasaki ha, in genere, una risoluzione spontanea, però nel cinque/dieci percento dei casi possono svilupparsi complicanze di natura più grave che, nell’uno percento dei casi possono risultare anche letali.
Una delle complicanze gravi più comune sono le infiammazioni cardiache, e, in particolare, le arteriti coronariche. L’eventuale manifestazione cardiaca può avere inizio intorno al decimo giorno di decorso, proprio quando le eruzioni, la febbre e il resto della sintomatologia inizia a scomparire. Le infiammazioni delle arterie coronariche, che comportano anche la dilatazione e la formazione di qualche, eventuale, aneurisma, costituiscono circa il cinque/venti percento dei casi e, talune volte, si possono associare anche a miocarditi acute ed ad insufficienze cardiache, aritmie, pericarditi e, in qualche raro caso, a tamponamenti cardiaci, infarti e trombosi.
Il disturbo può perdurare per un periodo compreso tra le due e le dodici settimane e solo in rarissimi casi questa malattia può avere durate maggiori di queste.
La cura di questo morbo è racchiusa in un solo ciclo di immunoglobuline che vengono iniettate per via endovenosa, affiancato dall’aspirina. Se si inizia il percorso terapeutico quando il morbo ha raggiunto la sua fase più acuta si riducono i rischi e, comunque, le frequenze delle lesioni alle arterie coronarie ad una percentuale che sta sotto il cinque percento. Qualche paziente che non dovesse rispondere alle terapie standard può essere trattato in via alternativa con Infliximab.